sabato 10 aprile 2010

metodi alternativi alla vivisezione

Roberta Bartocci


Alla fine del 2001 il Ministero della Salute ha reso noti i dati relativi al numero di animali impiegati in Italia per scopi scientifici, e ai campi di applicazione della vivisezione. Rispetto ai dati ufficiali pubblicati in Gazzetta Ufficiale nel 1998, si registra una diminuzione che conferma il trend già in atto nel biennio precedente 1996-1997: i numeri testimoniano un calo del numero di animali impiegati da un totale di 1.147.551 del 1997 ai 905.603 del 2000.
Il dato è tuttavia solo apparentemente confortante: a fronte della diminuzione del numero di animali impiegati, infatti, nell’ultimo triennio di cui si hanno dati ufficiali disponibili (2000-2002), si registra in parallelo un aumento degli esperimenti in deroga, ovvero gli esperimenti condotti a scopo didattico e/o senza anestesia su cani, gatti e primati non umani; e una stima approssimata rileva che quelli “in deroga” risultano essere circa il 20% del totale degli esperimenti. Questo dato, finora inedito, stride con ciò che la normativa vigente in materia prevede (Dl 116/92), ovvero che gli esperimenti condotti sulle specie di cui sopra oppure eseguiti senza ricorrere all’anestesia o a scopo didattico dovrebbero essere autorizzati solo in caso di dimostrata inderogabile necessità.
Si tratta dell’inquietante realtà che emerge dal Rapporto LAV 2004 La vivisezione in Italia regione per regione, pubblicato nella primavera del 2004, che rappresenta la prima indagine completa sulla sperimentazione animale nel nostro paese.
Il Rapporto è frutto della elaborazione dei dati ottenuti dalla LAV dal Ministero della Salute grazie a una sentenza vinta nel 1997 presso il TAR del Lazio e di un’indagine durata oltre un anno presso Uffici Territoriali del Governo (UTG, ex Prefetture), ASL e Comuni.

Metodi alternativi

L’analisi effettuata dalla LAV su centinaia di protocolli sperimentali, provenienti da tutta Italia, inviati dai ricercatori Ministero della Salute prima di apprestarsi a svolgere esperimenti su animali, dimostra un grave inadempimento da parte degli utilizzatori. Infatti, non uno dei protocolli riporta una giustificazione dettagliata e circostanziata sul ricorso all’animale a causa dell’impossibilità di impiegare tecniche sostitutive. Queste, sembra, vengono semplicemente ignorate; forse perché, come molti utilizzatori di animali ritengono, le colture cellulari (uno dei metodi più diffusi che non fanno uso di animali), non sono efficaci quanto l’animale stesso.
Eppure un importante dato emerso a questo riguardo nella stesura del Rapporto LAV 2004 La vivisezione in Italia regione per regione è che quasi il 40% degli animali viene ucciso con il solo scopo di allestire colture cellulari; se al posto di questi venissero impiegati tessuti umani provenienti da biopsie, interventi chirurgici di vario tipo o da cadavere, si risparmierebbe la vita a circa 400.000 animali ogni anno.
Dal 2003 anche l’Italia è dotata di un organo per la diffusione dei metodi alternativi, l’IPAM (Italian Platform on Alternative Methods), costituita, come tutte le piattaforme degli altri paesi europei, da rappresentanti di quattro aeree di interesse: istituzioni governative, industria, mondo scientifico (università/enti di ricerca), organizzazioni animaliste e per ilbenessere animale, e che conta fra i suoi soci fondatori e sostenitori la stessa LAV. Il compito principale dell’IPAM è quello di promuovere e favorire l’implementazione dei metodi alternativi favorendo lo scambio di informazioni scientifiche e di competenze tra le quattro aeree, dando impulso all’ulteriore sviluppo e perfezionamento dei metodi alternativi alla sperimentazione animale in Italia, sensibilizzando l’opinione pubblica, il governo e gli stabilimenti utilizzatori, affinché, nella pratica della sperimentazione, vengano più facilmente accettati i metodi alternativi disponibili.

Obiezione di coscienza

Nel febbraio 2004 la LAV ha rilanciato la campagna sul tema dell’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale per la diffusione della legge 413/93 (che riconosce a studenti e ricercatori il diritto a dichiararsi obiettori alla sperimentazione animale), attraverso la produzione di un opuscolo informativo e una locandina, distribuiti in tutta Italia, compresi diversi atenei che sono stati contattati singolarmente.
Circa la metà delle quasi 50 università italiane con facoltà di tipo biomedico hanno risposto alle nostre istanze relative alle modalità di pubblicizzazione della legge in materia positiva, spesso richiedendo esse stesse il materiale divulgativo per garantire a tutti gli studenti l’accesso a questo importante diritto, storica vittoria della LAV.
È tuttavia preoccupante rilevare quanto ancora questa legge – ormai in vigore da undici anni – venga ancora troppo spesso ignorata, e che in alcuni casi sia servito l’intervento di un’associazione e del suo legale per ottenere la semplice comunicazione di un diritto. In alcuni casi risulta poco chiaro il fatto che l’obiezione di coscienza sia applicabile per tutti i casi connessi alla sperimentazione animale, e non solo all’ambito didattico, sebbene sia questo quello nel quale l’esercizio della legge abbia più senso di esistere. In realtà già oltre il 70% delle esercitazioni didattiche in Italia non ricorre all’impiego di animali, e questo testimonia la loro inutilità in questo settore.
Si rileva invece una preoccupante diffusione dell’impiego di suini per esercitazioni chirurgiche post laurea; rispetto a questo il Ministero della salute dimostra una certa inerzia, dal momento che queste attività rientrano nell’alto computo degli “esperimenti in deroga”, le cui autorizzazioni vengono rilasciate da questo stesso dicastero, il quale non sembra affatto operare un vaglio per stabilire l’effettiva necessità del ricorso ad animali. I maiali vengono impiegati, infatti, nonostante esistano simulatori virtuali o addirittura contemporaneamente ad essi, contravvenendo al dettame normativo per cui in presenza di un metodo alternativo l’animale non può essere impiegato.

Cosmetici

Sono circa 45.000 gli animali che ogni anno muoiono sfigurati da rossetti, intossicati da profumi, bruciati da creme e saponi. Eppure, sono più di 8.000 gli ingredienti già disponibili per le aziende e centinaia i metodi alternativi di ricerca.
Diversi sondaggi in tutta Europa hanno dimostrato che la maggioranza delle persone non crede che sviluppare nuovi cosmetici sia una valida giustificazione per far soffrire e uccidere animali.
Prosegue il lavoro della LAV per la sensibilizzazione dei consumatori verso cosmetici non testati su animali, grazie all’adesione allo Humane Cosmetic Standard, l’unico standard riconosciuto a livello internazionale che fissa i criteri per l’approvazione di una ditta cosmetica che produce senza il ricorso ai test su animali.
Dopo l’edizione del 1998, la LAV è alla stesura della sua seconda Guida ai prodotti cosmetici non sperimentati su animali, che prevede l’ingresso di una nuova figura come garante degli impegni presi dalle aziende: ICEA, l’Istituto di Certificazione Etica e Ambientale, ente che si occuperà di eseguire i controlli nelle aziende approvate in base allo standard internazionale per verificarne la loro conformità.
Dalla fine di quest’anno sarà possibile riconoscere i cosmetici non testati su animali grazie alla dicitura:

Stop ai Test su Animali

Approvato da LAV (Lega Anti Vivisezione) (www.infolav.org)
Controllato da I.C.E.A. (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale)
(
www.icea.info) n. 000

Dal 2005 sarà presente anche il logo della European Coalition to End Animal Experiments (ECEAE), che gestisce lo standard e di cui la LAV è membro. Man mano che nuove aziende decideranno di aderire allo Standard verrà aggiornata la lista sul sito web della LAV; rispetto alla precedente edizione è stato registrato un incremento nelle aziende aderenti, sebbene non così importante come la LAV si era aspettata.
A questo proposito Unipro, l’associazione italiana dei produttori di cosmetici, ha contribuito a non far decollare lo standard invitando i propri soci a non aderirvi, evidentemente per evitare una discrezione del consumatore tra aziende impegnate eticamente nel rispetto per gli animali e le altre.



Questo testo è tratto dal volume:
Animali non bestie Difendere i diritti, denunciare i maltrattamenti, a cura di Gianluca Felicetti, pubblicato da Edizioni Ambiente nel 2004.
Per maggiori informazioni consultare il sito internet:
http://www.edizioniambiente.it/eda/saggistica.htm

venerdì 9 aprile 2010

Cosa è la vivisezione

OLTRE I CANCELLI PER L'INFERNO

Viaggio nel mondo della vivisezione

INTRODUZIONE

Ogni anno centinaia di milioni di animali vengono uccisi durante esperimenti di vivisezione. Ogni campo della ricerca medico/scientifica utilizza questa tecnica, sebbene i risultati che si ottengono sono sbagliati o fuorvianti. Fisiologia, patologia, genetica, farmacologia, tossicologia, chirurgia, psicologia, sono soltanto i principali campi in cui si compiono esperimenti di vivisezione. Sugli animali però vengono anche testati pesticidi, cosmetici, armi chimiche, ossia sostanze che non servono al progresso scientifico.
Come mai tanti ricercatori impiegano ancora questo metodo che non è mai stato dimostrato essere scientificamente valido? Quali interessi permettono che, nell'era del computer, si utilizzino ancora gli animali per ricavare dati riguardanti gli esseri umani? Lo scopo di questo opuscolo pertanto non è solo quello di presentare le argomentazioni scientifiche ed etiche del movimento antivivisezionista, ma anche spiegare quali interessi permettono la sopravvivenza di un metodo di ricerca crudele e scientificamente non valido.

COS'E' LA VIVISEZIONE

Per vivisezione si intende un esperimento in cui vengono impiegati animali. I vivisettori invece preferiscono il termine più neutro di sperimentazione animale. In realtà esistono ricerche in cui, pur non compiendo una "sezione da vivo", l'animale subisce un notevole grado di sofferenza. Ad esempio nel campo della psicologia si condizionano gli animali a comportarsi in una certa maniera sottoponendoli a ripetute scariche elettriche attraverso il pavimento della gabbia.
La sofferenza inoltre comincia prima dell'esperimento, quando si sottraggono gli animali dal loro ambiente naturale. Quelli invece nati negli allevamenti subiscono dal primo giorno di vita le condizioni innaturali della stabulazione, ossia della permanenza nella gabbie. La vita di questi animali è scandita dai ritmi imposti dai ricercatori. Hanno spazi ristretti, solitamente non possono socializzare e per questo motivo vengono isolati dal loro simili, mangiano quando e come vogliono i ricercatori, spesso restano in stanze perennemente illuminate artificialmente e non vedono mai la luce del sole.
L'inizio dell'esperimento porta spesso gli animali ad un lungo calvario che termina con la morte. Nessuna specie viene risparmiata: topi, ratti, conigli, uccelli, pesci, ma anche cani, gatti, scimmie, bovini e cavalli. Secondo i dati ufficiali in Italia ogni anno vengono vivisezionati più di 1.000.000 di animali, in Gran Bretagna circa 3.000.000, negli USA 20.000.000, nel mondo 300.000.000/400.000.000. Si compiono esperimenti nelle Università, negli ospedali, in Istituti di ricerca pubblici e privati (ad esempio associazioni per la ricerca delle più svariate malattie), nelle industrie di ogni genere. Tutti i prodotti, prima di essere commercializzati devono, per legge, essere testati sugli animali: farmaci, cosmetici, pesticidi, ma anche olio per i motori delle macchine, additivi alimentari, prodotti per l'igiene della casa, inquinanti ambientali, alcol e tabacco e molti altri. E' sufficiente questa osservazione per capire l'entità del fenomeno.
Le modalità con cui vengono compiuti gli esperimenti sono le più svariate: gli animali sono avvelenati, ustionati, accecati, shockati, affamati, mutilati, congelati, decerebrati, schiacciati, sottoposti a ripetute scariche elettriche attraverso elettrodi conficcati nel cervello e infettati con qualsiasi tipo di virus o batterio, anche quelli che non colpiscono gli animali, come il Treponema Pallidum per la sifilide o l'HIV per l'AIDS. Per non disturbare i ricercatori a volte gli animali sono stati persino devocalizzati, ossia gli sono state tolte le corde vocali in modo da impedirgli di urlare. Comunque, secondo i dati britannici, che sono gli unici al mondo ad essere piuttosto attendibili, nel 70% circa degli esperimenti gli animali non vengono anestetizzati e nel 30% rimanente, solo ad una parte viene somministrato almeno qualche antidolorifico.
Insomma vivisezione vuol dire rendere gli animali oggetti da utilizzare a proprio piacere e per i propri scopi, ignorando la loro sofferenza e il loro diritto ad essere rispettati.

Lega Antivivisezionista (LEAL) - Via Settala 2, 20124 Milano, tel. 0229401323, av@leal.it


giovedì 8 aprile 2010

L'importanza del nome

Il nome é una cosa molto importante per il nostro amico. Ci servirà, ogni volta che gli dovremo impartire un comando, per richiamare la sua attenzione, ciò é fondamentale perché egli capisca che il comando é rivolto a lui. Può capitare, infatti, che nel corso delle nostre conversazioni con i famigliari o gli amici compaiono le parole usate come comando per il nostro cane (soprattutto se glieli impartiamo nella nostra lingua!). Se il nostro cane capta tali parole può eseguire il comando anche senza la nostra volontà. E' quindi fondamentale abituarci (e abituarlo!) a far sempre precedere i nostri comandi dal suo nome affinché sia chiaro che é a lui che ci rivolgiamo. Solitamente il nostro cucciolo arriva già con un nome datogli dall'allevatore composto dal nome vero e proprio (es. Ambassador) e dall'affisso dell'allevamento (es. Della Vecchia Malga) va da sé quindi che, pur restando quello il nome ufficiale del nostro amico, gli cambieremo tale nome, sia per il piacere di chiamarlo come più ci aggrada sia perché pronunciare "Ambassador Della Vecchia Malga" ogni volta che vogliamo impartirgli un comando risulterebbe oltremodo fastidioso. Senza rifarci ad un famoso film di Troisi sulla brevità dei nomi in relazione alla futura educazione, possiamo comunque affermare che la scelta migliore per il nome del cane sia quella che privilegia nomi mono o bisillabi (es. York, Ralf, Fido, Bobi). La scelta é talmente ampia che troveremo senz'altro quello che a noi più aggrada. Cominceremo quindi ad usarlo sempre quando ci rivolgeremo al nostro amico. Ricordiamoci quindi che non dovremo mai dire "Vieni!" oppure "Fido!" per chiamare presso di noi il nostro cane, ma bensì: "Fido...Vieni!". La breve pausa dopo il nome ci dovrà servire per accertarci che il nostro cane abbia compreso che ci rivolgiamo a lui e si sia messo in attenzione, in attesa di conoscere quale sia il nostro comando. Sembra un dettaglio futile ma non lo é. Il nostro amico infatti passa una grandissima parte ad osservarci, ad ascoltarci. Non adottando tale abitudine può benissimo capitare che (ad esempio) mentre stiamo spostando un mobile insieme ad un amico e gli diciamo "Vieni" per invitarlo a spingere il mobile verso di noi il nostro cane esegua quello che lui ritiene un comando rivolto a lui e ci venga tra i piedi venendo ovviamente allontanato! E' quindi evidente che la cosa non potrà che ingenerare grossa confusione in lui ("ho eseguito un ordine...... e sono stato rimproverato"). Adottando la pratica di cui sopra un evento del genere non é possibile. Quindi, regola fondamentale: OGNI COMANDO IMPARTITO DEVE ESSERE SEMPRE PRECEDUTO DAL NOME.
Articolo scritto da Mauro Cantarelli
www.cinofilionline.it

mercoledì 7 aprile 2010

Gran Bretagna, basta con gli zoo!


LONDRA
Dopo l'annuncio di voler vietare gli animali selvatici nei circi, ora la Gran Bretagna potrebbe fare un altro importante passo avanti nel rispetto del mondo che ci circonda: chiudere gli zoo.

La proposta giunge dal sottosegretario al Welfare britannico, Angela Smith, che li considera come una «reliquia dell’epoca vittoriana». La Smith ha raccontato di aver ricevuto migliaia di lettere dai bambini sconvolti dalle terribili condizioni in cui gli animali sono tenuti e ha aggiunto: «Si possono capire i vittoriani, che erano affascinati da ciò che vedevano quando queste specie venivano portate qui, perchè non potevano viaggiare, ma ora la gente può viaggiare e vedere gli animali in splendidi film e documentari.».

La strada è ovviamente lunga, soprattutto perchè nel Regno Unito sono oltre 400 gli zoo aperti e le polemiche per la proposta non si sono fatte attendere. Molti sostengono che l'esistenza degli zoo ha permesso di conservare alcune specie animali, ma l'ente per la protezione degli animali in cattività non è d'accordo: solo raramente gli zoo effettivamente li reinseriscono allo stato naturale e tengono nelle loro strutture specie che non sono assolutamente a rischio estinzione come, per esempio, le giraffe.

Nella querelle è intervenuto anche David Field, direttore dello zoo di Londra: «E' vero, noi abbiamo specie come le giraffe che non necessariamente sono a rischio estinzione, ma quando le persone vengono a vedere le giraffe, scoprono anche l'elevato numero di quelle specie che rischiano di scomparire. E poi, se io dovesse scegliere fra il vedere la finale di Coppa inglese allo stadio o in tv, sceglierei la partita dal vivo. Per lo stesso motivo preferirei vedere gli animali dal vero in uno zoo».

Dunque la discussione è aperta, anche al governo. Mentre il sottosegretario Smith spiega che proporrà di stabilire un momento dopo il quale gli zoo dovranno smettere di comprare nuovi animali in modo da poterli chiudere con meno traumi possibili nell’arco dei prossimi 10 anni, il ministro alla salute degli animali replica quasi stizzito: «Angela non ha la responsabilità per questi temi. Non abbiamo nulla in programma per gli zoo». Il portavoce del ministero dell'Ambiente va anche oltre: «Non abbiamo in programma di chiudere gli zoo. La salute degli animali è per noi molto importante e i ministri hanno recentemente annunciato di voler bandire gli animali dai circhi».
Dunque la strada è ancora lunga, ma qualcosa, forse, si sta smuovendo.

Fonte: La Stampa

lunedì 5 aprile 2010

Hoppa, il cane con due zampe che ha conquistato Israele


Hoppa è il cane più famoso di Israele: ed ora la sua storia è conosciuta in tutto il mondo. La sua è una triste storia, ma con un lieto fine, di quelli che di solito siamo abituati leggere nei libri delle favole. Hoppa è un piccolo cagnolino di quattro anni, che è nato senza le due zampe anteriori. Per lui la sorte era una sola, secondo alcuni veterinari israeliani: una puntura per porre fine alla sua esistenza e per porre fine alle sue tante sofferenze. Per fortuna, prima di essere addormentato per sempre, Hoppa ha incontrato il Presidente della Protezioni Animali di Israele, che lo ha salvato, prospettandogli una nuova vita che non ha nulla da invidiare a quella dei colleghi a quattro zampe più fortunati di lui! Avi Kozi, Presidente della Protezioni Animali israeliana, ha incontrato per caso il piccolo Hoppa ed ha preso a cuore la sua sorte, tanto che ha deciso di adottarlo e di portarlo a vivere a casa sua. Solitamente, il piccolo cagnolino che non ha le zampe anteriori cammina strisciando. Ma per lui Avi Kozi ha creato un giubbotto con le rotelle, che permette a Hoppa di poter correre e camminare liberamente come gli altri cani! Guarda video:http://www.youtube.com/watch?v=vcHklSGr9E&feature=player_embedded

Nel video qui sopra, possiamo vedere Hoppa mentre cammina grazie all’aiuto del carrellino che è stato realizzato per permettere a questo cane al quale mancano le zampe davanti, di poter condurre una vita normale: immagini davvero toccanti, che ci dimostrano perchè questo piccolo cucciolo è entrato nel cuore delle famiglie israeliane, prima, e di tutto il mondo, poi.

Via | La Stampa

CANI, PADRONI & MULTE


Il Ministero della Salute in settembre ha emanato un’ordinanza severissima che riguarda le razze di cani pericolose. E che potrebbe essere modificata nelle prossime settimane. Ma intanto i padroni come devono comportarsi?
Ecco i punti fermi da tenere a mente prima di uscire con il cane.
Per la strada. Sull’ordinanza si è fatta parecchia confusione. “Per esempio, l’obbligo di ginzaglio e museruola era già previsto” dice l’Avvocato Domenico Marzano dell’Enpa (Ente Protezione Animali). “La legge, in vigore da tempo, dice chiaramente che gli animali, nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, devono essere tenuti al guinzaglio e portare la museruola. Quindi raccomando di farlo sempre, per essere sicuri di non infrangere le regole. Diversamente, nel momento in cui il vigile fa la multa, la contravvenzione va pagata, indipendentemente dalla razza e dal carattere del cane”. In più, le sanzioni, stabilite dai Comuni, sono diventate molto salate, in alcuni casi si arriva a 1.300 euro. L’ordinanza del ministro Sirchia, però, ha anche imposto alle razze ritenute pericolose (nel momento in cui scriviamo sono una novantina, cioè quelle che appartengono al gruppo 1° e 2° della classificazione della Federazione cinologica internazionale) di avere una polizza assicurativa di responsabilità civile contro terzi. Dove farla? Qualsiasi assiccuratore la propone. Ma la offre persino la Posta, se si è titolari di un Conto BancoPosta (la polizza costa 4,33 euro al mese). Per controllare se il proprio cane rientra in una delle categorie si può contattare l’Enci, Ente Nazionale cinofilia italiana allo 0270020324;
www.enci.it, oppurewww.selectyourdog.it/razze
In viaggio. Neppure per il trasporto in automobile ci sono nuove regole. Sono cambiate, però, le sanzioni, diventate molto più severe. In più, il padrone che infrange la legge perderàò preziosi punti sulla patente.
In breve: l’articolo 169 (comma 6) del Codice vieta di tenere sul sedile posteriore più di un animale. Non solo: il cane non deve ostacolare la guida. Per esempio, non può avere la possibilità di saltare davanti o dare zampate a chi è al volante. Quindi, per ragioni di sicurezza, va messo in gabbia, dietro una rete divisoria o, in alternativa, legato a un nuovo e speciale guinzaglio che lascia l’animale libero di muoversi, ma in uno spazio circoscritto. È un accessorio che da una parte si fissa al collare e dall’altra alla fibbia di aggancio della contura di sicurezza e che costa circa 25 euro (per informazioni, manda un’e-mail a
originalpet@infinito.itoppure telefona allo 0571261601). Chi trasporta due cani, dovrà sistemarli nel bagagliaio provvisto di rete divisoria oppure nelle apposite gabbie.
Chi non osserva queste regole è puntio con una sanzione che va dai 68,25 ai 275,10 euro (secondo quanto decide il vigile) e con la decurtazione di un punto sulla patente. Se però il conducente è un neopatentato, ciè se guida da meno di 3 anni, perderà due punti.

Sara Uslenghi

Tratto da Donna Moderna – numero 43/2003