giovedì 22 luglio 2010

No al dimezzamento dei fondi ai parchi


Lettera di FAI e WWF pubblicata sulCorriere della sera di oggi
L’accorato appello lanciato dal Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo – alla quale esprimiamo la più completa solidarietà – illustra efficacemente quali pericoli minacciano le aree protette.
Queste, che tutelano buona parte del territorio italiano, rappresentano uno dei maggiori successi del Paese, il quale in pochi decenni ha saputo innalzare dallo 0,6% al 10% (più altrettanto in riserve marine) la percentuale di superficie sottratta ad abusivismo, incendi, caccia, diboscamenti, inquinamenti, preservando così la preziosa biodiversità e i fantastici paesaggi del Bel Paese.
E in più offrendo incomparabili servigi in termini di riduzione dei gas a effetto serra, produzione di acque pulite, incremento di turismo e, di conseguenza, d’introiti per le popolazioni locali, soprattutto nel nostro già
sfortunato Meridione.
I parchi e le riserve marine garantiscono 86.000 posti di lavoro, un fatturato di9 miliardi l’anno, un flusso turistico annuale di 34 milioni di visitatori, non solo italiani.
Per tutta questa impagabile serie di vantaggi, finora il sistema di aree protette costa allo stato 50 milioni di euro, pari alla spesa di un caffè all’anno per ogni italiano. Il voler – come la manovra economica in
discussione prevede – tagliare del 50% i contributi statali ai parchi significa mettere a rischio funzioni indispensabili come la sorveglianza e i controlli, tagliare posti di lavoro e aprire la porta a tutta una serie di aggressioni finora tenute a freno, dal bracconaggio agli incendi, all’abusivismo.
Fai e il Wwf non possono non denunciare come, a fronte di autentici sprechi in tanti settori ai quali non si prevedono decurtazioni, si voglia
colpire proprio quelle strutture che assolvono i doveri della difesa della patria e della tutela del paesaggio.
Auspichiamo, infine, che nell’anniversario dell’Unità d’Italia e nell’anno dedicato dall’Onu alla difesa della biodiversità, lo Stato voglia aiutare il mondo della natura non togliendo fondi alla difesa del 10% del «sacro
suolo della Patria» come lo definisce la Costituzione repubblicana.
Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente onorario FAI
Fulco Pratesi, presidente onorario WWF Italia

martedì 20 luglio 2010

Asini, la rivincita degli umili. C'è chi li aiuta in ogni parte del mondo

Nei cinque continenti ne vengono curati 400 mila ogni anno dall'associazione «The Donkey Sanctuary»



MILANO - Ruth viene da Kiserian, una cittadina vicino a Nairobi, in Kenya. Per mantenere se stessa e i suoi tre figli trasporta e distribuisce l’acqua alle famiglie della zona. Come quasi tutti i suoi concittadini non si può permettere un’auto o un camioncino: l’unico mezzo di trasporto di cui dispone è il suo asinello. L’acqua è un carico pesante e difficile da trasportare e, fino a un anno fa, l’imbragatura sbagliata infliggeva ferite profonde al corpo dell’animale che, pur soffrendo, continuava a lavorare duramente. Poi, l’incontro con l’associazione inglese «The Donkey Sanctuary» che, con un laboratorio veterinario specializzato nella cura di asini e muli a Nairobi e tre cliniche mobili, fornisce dal 1994 cure gratuite agli equini da lavoro kenyoti. Ora l’asinello di Ruth è guarito e, grazie alla frequentazione di un seminario sulla corretta gestione del proprio animale da lavoro organizzato dal sodalizio inglese, Ruth ha iniziato ad aiutare gli altri proprietari della zona a far vivere il loro equino meglio e più a lungo.

DALL'EUROPA AL MONDO - Il lavoro in Kenya è solo una parte infinitesimale di ciò che ha costruito nel mondo «The Donkey Sanctuary», fondata nel Devon nel 1969 da Elizabeth Svendsen con l’apertura di Slade House Farm, tuttora sede centrale dell’associazione dove sono ospitati permanentemente 150 asinelli abbandonati. Dall’Inghilterra il lavoro si è esteso a buona parte del Vecchio Continente con l’apertura di rifugi in Spagna, a Cipro, in Irlanda e in Italia. Ma se in Europa il numero di asini bisognosi è contenuto, nel Terzo Mondo è fuori controllo. Come l’animale di Ruth, la maggioranza di queste creature umili, frugali, pazienti e resistentissime continua a lavorare in condizioni durissime per mantenere l’uomo. Fu così che, a partire dalla metà degli anni Ottanta, «The Donkey Sanctuary» invase pacificamente molti Paesi poveri e oggi reca sollievo ogni anno a circa quattrocentomila dei 60 milioni di asini che popolano il pianeta.

IN PRINCIPIO FU IL KENYA - Il primo avamposto extraeuropeo fu l’isola kenyota di Lamu visitata dalla Svendsen nel 1985. Poco dopo era già operativo il Lamu Centre per la cura degli oltre duemila asini isolani martoriati da problemi agli zoccoli, ai denti, da parassitosi e imbragature scorrette. Un anno dopo fu la volta dell’Etiopia, dove «The Donkey Sanctuary» fondò in partnership con l’Università di Addis Abeba, un ospedale veterinario a Debre Zeit, a 30 chilometri dalla capitale. Un lavoro analogo viene svolto dal 1991 a Città del Messico, nella sede della National Autonomous University, dal 1998 in India, con cinque centri veterinari a Delhi, Ahmedabad, Gwalior, Sikar e Solapur e, dal 2003, in Egitto, con sede a Faisal, non distante dalle Piramidi di Giza. L’ultima scommessa di «The Donkey Sanctuary» è la Cina ma data la vastità del Paese per il momento il lavoro dell’associazione si limita all’organizzazione di seminari per i veterinari locali.
ONOTERAPIA PER I BIMBI - Oltre agli asini, importantissimi per «The Donkey Sanctuary» sono i bambini. Per loro, in molti dei Paesi in cui l’associazione opera vengono organizzate lezioni scolastiche che mirano, attraverso il racconto di storie e disegni, a costruire una cultura del rispetto per l’animale che contribuisce al loro mantenimento. Ma c’è altro: in molti dei rifugi europei sono attivi programmi di onoterapia per piccoli con disabilità motorie o psicologiche. Presto, la terapia assistita con gli asini prenderà avvio anche nella sede italiana dell’associazione: «Il Rifugio degli Asinelli» di Sala Biellese, sui pendii della catena montuosa della Serra, dove attualmente vivono cento asini salvati dai maltrattamenti.
Giorgia Rozza